Il dolore come percorso di resurrezione

Il dolore come percorso di resurrezione

La nostra vita è un percorso – breve o lungo che sia – composto di varie fasi cronologiche (l’infanzia, l’adolescenza…) e di varie tipologie di fasi (la fase dell’impegno, la fase dell’apprendimento, la fase dolorosa…). La vita similmente alla biodiversità è un insieme, dunque, di varietà di situazione, atti, comportamenti, periodi e così altro ancora. Non può non essere altrimenti. Proprio perché la vita è la massima espressione del diverso che alla base delle dinamiche del mondo/universo che conosciamo. Quindi, quando ci si trova in una fase del nostro percorso – che è immortale perché noi cristiani crediamo nella resurezzione pre-condizione stessa all’immortalità – dove prevalgono i sensi del dolore, della mestizia, della tristezza, della depressione e della melanconia non dobbiamo perdere la bussola che ci radica nella vita. Dobbiamo, solo – si fa per dire – capire che è una fase perfettamente previsibile del nostro percorso su questa terra. Il dolore e tutto quello che ne consegue deriva da una particolarità che i maestri greci ci hanno insegnato. I c.d. “succhi tristi” sono originati dallo “splene”. In greco bile. E’ lì che risiede il senso del nostro dolore e di tutti i sentimenti che ne conseguono o che hanno nel dolore il punto di arrivo. Da qui non dobbiamo aver paura quando sentiamo dolore, mestizia, tristezza, depressione e melanconia. Sono aspetti del tutto naturali. Naturali nel senso che sono collegati alle normali dinamiche della natura. La natura prevede anche questi aspetti della nostra carta d’identità psicologica e psichiatrica. Perciò non dobbiamo avere paura o timore. E’ semplicemente un qualcosa di connesso al nostro essere. Punto! Pertanto, quando è in atto un fase di dolore non dobbiamo aver paura in quanto la medesima – intendo dire la paura – si rafforza peggiorando il tutto. Dobbiamo solo accettarla così com’è e lasciare che faccia il suo percorso dentro di noi. Alla fine passerà e il nostro essere (psichico e fisico) ritornerà in una situazione di equilibrio. Inoltre, il dolore serve a rafforzare il nostro senso di attaccamento alla vita che va vissuta come se dovessimo morire ogni giorno. In un certo modo, il dolore diventa esso stesso un percorso che ha come obiettivo finale la resurrezione fisica e psichica del nostro essere. Come dicevamo non combatterla, ma viverla. Tutto questo perché ci permetterà di vivere il nostro io e il nostro presente. Il dolore è resurrezione. Infatti, nostro Signore Gesu Cristo prima di risorgere ha vissuto il calvario. Il senso di tutto questo è che alla fine del calvario personale c’è la resurrezione. In poche parole, accettiamo il nostro dolore per andare a incrementare il nostro desiderio di vivere la nostra vita. Ciò che importa è la vita. Non ci sono altre soluzioni. La vita ha bisogno di essere abbeverata ogni giorno. I latini dicevano “vivere vitam (eternam)”. Per l’appunto.   

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