Carlentini, La vita davanti a sé al Teatro comunale “Turi Ferro”. Lo spettacolo, inserito nel cartellone promosso dall’associazione “Teatro Arte”

Carlentini, La vita davanti a sé al Teatro comunale “Turi Ferro”. Lo spettacolo, inserito nel cartellone promosso dall’associazione “Teatro Arte”

CARLENTINI – Successo, martedi sera, al Teatro Turi Ferro di Carlentini, dello spettacolo  di  Silvio Orlando, “La Vita davanti a se”. Sesto spettacolo teatrale, il cui cartellone è stato promosso e realizzato dal direttore artistico Alfio Breci e dell’associazione teatrale “Teatro Arte” di Carlentini con il patrocinio dell’amministrazione comunale di Carlentini.  “La vita davanti a se”, con la regia di Silvio Orlando è stato tratto dal romanzo “ La Vie Devant soi “ di Romain Gary, si è esibita l’ Ensemble dell’ Orchestra Terra Madre con direzione musicale di  Simone Campa,  Chitarra battente e percussioni Simone Campa,  clarinetto e Sax  Diego Mascherpa, fisarmonica Daniele Mutino, kora  Djembe Kaw Sissoko, le scene di Roberto Crea, disegno luci di Valerio Peroni, costumi di Piera Mura, organizzazione Maria Laura Rondanini.

Pubblicato nel 1975, il romanzo è la storia di Momò, un bimbo arabo che vive a Belleville nella pensione di Madame Rosa, un’anziana ex prostituta ebrea.

Un romanzo, dunque, di grandissima attualità, che mette insieme personaggi di nazionalità, culture e religioni differenti, le cui vite s’intrecciano.

Silvio Orlando conduce lo spettatore fra le pagine di quel romanzo, con leggerezza e ironia, miste a commozione, immedesimazione e grande sensibilità, considerando l’ argomento delicatissimo del soggetto: l’abbandono dei minori e lo stato d’ animo di quest’ ultimi pronti ad affrontare la vita, sempre alla ricerca di un Amore che non hanno mai avuto. Da tutta la storia, si evince che si può amare anche senza avere legami di sangue…”e le tragedie della storia svaniscono davanti alla vita…davanti al semplice desiderio e alla gioia di vivere “.

Silvio Orlando è unico protagonista che in modo straordinario interpreta simultaneamente altri ruoli, rendendoli presenti nonostante la loro assenza fisica.

L’ attore ci fa il racconto di vite scomposte, legate da un unico filo conduttore: l’ Amore…e Momò nel finale conclude con un suggerimento di grande insegnamento: …” bisogna voler bene” per vivere meglio.

Attraverso una recitazione naturale, riesce a dare un sapore di innocenza, accompagnato da un particolare sfondo musicale che crea un’atmosfera fatta di odori e suoni eterogenei, così come i personaggi menzionati.

Nel corso del suo racconto, inserisce delicatamente il triste tema del periodo fascista e il concetto di Ebraismo. Tutta la storia dell’uomo nella sua diversità, si riversa su quel palcoscenico, fatto di elementi essenziali, ma sufficientemente comunicativi, per farci immaginare cosa succedeva all’ interno di quelle pagine di vita dolorosamente vissuta, scritta, letta e poi interpretata.

Basta pensare alla torre “ sgangherata” che troviamo sulla scena

, caratterizzata da scale, sporgenze e rientranze disordinate, che stanno ad indicare la precarietà della vita e l’ esistenza “sgangherata” di Momò. Inoltre, il mélange musicale fatto di musica di kletzmer ebraica, scorci di canzoni francesi popolari e ritmi africani, ci conducono all’ interno di quelle dimensioni culturali differenti, quasi a far riecheggiare le voci di quella realtà “eterogenea”, fuori e dentro il cuore di un “piccolo” uomo affamato d’ amore.

 

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