Buccheri, L’importanza della storia locale – intervista al Prof. Luigi Lombardo

Buccheri, L’importanza della storia locale – intervista al Prof. Luigi Lombardo

Il Prof. Luigi Lombardo è stato direttore della Biblioteca Comunale di Buccheri nonché docente presso la Facoltà di Scienza della Formazione dell’Università di Catania. Da sempre interessato alla storia locale sia dal punto di vista più propriamente storico che antropologico, il Prof. Lombardo ha dato alle stampe pregevoli opere che indagano su questo mondo – la storia locale – che dovrebbe essere maggiormente riscoperto anche perché essa possa diventare un volano per l’economia di territori che stanno attraversando una congiuntura economica sfavorevole. La storia locale come “risorsa locale” secondo il pensiero del Prof. Carlo Trigilia che da anni si batte sulla diffusione e implementazione di tale concetto. Ecco quanto ci ha detto il Prof. Lombardo sul tema della storia locale e altro.

Quando ha iniziato a interessarsi di storia locale?

“Negli anni ’70 vi fu un vasto movimento teso a riscoprire il piacere dell’impegno politico e culturale. Grazie all’apporto di A. Uccello, io scoprivo il forte impatto che una adeguata valorizzazione del centro storico di Palazzolo poteva avere sullo sviluppo turistico del paese, tale da impedire l’emigrazione di tanti giovani come me. Scelsi di rimanere a Palazzolo, abbandonando l’idea di iscrivermi a Roma alla Sapienza. La cultura, le tradizioni popolari mi attiravano, perché vi vedevo me stesso e un mondo dimenticato e sfruttato. Lo slogan era allora, in poche parole, “cultura come impegno civile”. Abbandonai anche l’idea di proseguire gli studi in archeologia, che era la mia passione (ero iscritto in Lettere classiche a Catania).”

Per Lei il termine “storia locale” non è riduttivo?

“No, se lo si riempie di contenuti vasti e non “localistici”. Anzi fu proprio lo studio della storia locale che mi portò a dare un contenuto al mio impegno sociale.”

Una delle caratteristiche storiche dell’Italia è che è la sommatoria di tante storie locali….

“Ritengo che bisogna sempre saper inquadrare la storia locale con le dinamiche storico-culturali più generali, uscendo dalla retorica del rimpianto di un passato comunque bello. Per far ciò bisogna attrezzarsi di metodologie di studio aggiornate e vicine quanto più possibile alle proprie esigenze di studio: in questo un grosso aiuto mi venne dalla frequentazione di Uccello e del suo “Demartinismo” che per me fu una scoperta. Ma col tempo mi avvicinai agli studi di antropologia culturale e in particolare agli studi di Luigi Lombardi Satriani e, in seguito, alle produzioni della scuola antropologica palermitana.”

Come può la storia locale diventare un fattore di sviluppo del territorio?

“Riconoscendo, come suole dirsi (forse in modo scontato), e studiando sé stessi come parte di una comunità, senza barriere escludenti, ma pensando ad una conoscenza olistica in grado di coniugare centro e periferie del mondo. Conoscenza e “riconoscenza” sono due pilastri della valorizzazione del territorio.”

Ci può delineare la sua produzione di saggi e libri?

“In un primo momento, sotto l’influenza dei miei maestri Antonino Uccello e Luigi Lombardi, ho prodotto una serie di studi sulla cultura popolare culminati, nel 2001, con la stampa di un grosso volume compendiario dal titolo appunto “La cultura popolare negli Iblei”. In seguito o meglio contemporaneamente allargavo il campo della ricerca frequentando gli archivi pubblici e privati alla ricerca di documentazione sulla storia locale di Palazzolo e degli Iblei: uscirono lavori come “Memorare terremotus” sul terremoto del 1693, o “Terra Palatioli” sulla storia dello sviluppo urbanistico di Palazzolo sempre attraverso i documenti d’archivio. Proprio da una appassionata ricerca archivistica sono usciti lavori come “L’impresa della neve in Sicilia”, prima ricerca sul commercio della neve nella Sicilia Orientale. Maturava intanto il mio interesse per la cucina e la storia della gastronomia, grazie all’incontro con Carmelo Spadaro di Passanitello e Giuliana Condorelli: intrapresi lo studio dei ricettari della memoria, culminato con il recente “Taula Matri. La cucina nelle terre del Verga”.”

Qual è il punto in comune della sua produzione libraria? Il territorio?

“Certo ho tenuto sempre presente il rapporto col territorio inteso come contenitore di produzioni originali e in certo senso uniche, come possono essere le produzioni enogastronomiche, sempre se si sanno inquadrare in dinamiche più vaste.”

Un libro che ho trovato molto interessante è “L’Impresa della Neve in Sicilia”, ce ne può parlare?

“É un libro cui tengo molto, perché è una sintesi dei miei interessi maturati nel tempo. Esso si fonda sulla ricerca etnografica sul campo e sulla dura, ma esaltante, ricerca archivistica. Come ho detto, è il primo studio completo sulla “produzione” di neve, cioè sulla raccolta, conservazione e commercializzazione della neve che cadeva dal cielo, per essere utilizzata nella confezione del sorbetto, dei gelati e delle granite, vanti della gastronomia siciliana.”

Perché la neve era considerata così importante dal punto di vista economico decenni fa?

“Per motivi senza dubbio economici perché la neve soddisfaceva il connaturato edonismo siciliano. Ma non sono da trascurate aspetti sanitari. Sul primo punto è inutile soffermarsi perché è fin troppo evidente che l’edonismo siciliano determinò il perfezionamento delle tecniche, di cui la principale fu la separazione nella sorbettiera della neve dal liquido dolce da congelare. Per motivi sanitari perché forse pochi sapevano che in occasione di grandi pandemie, ma anche di grandi battaglie, si ricorreva alla neve ghiacciata per curare febbri, ferite e per dar sollievo ai malati, col favorire l’assunzione di amare medicine.”

Lei oltre ad attenzionare il lato storico-archivistico del territorio è molto interessato a quello etno-antropologico, come mai?

“Come ho detto, ho avuto sempre una visione olistica della realtà e degli studi di qualsiasi natura. La realtà che noi studiamo è un continuum spazio temporale, siamo noi che introduciamo categorie “discriminanti”. In questo un grande aiuto mi è venuto dalla scuola di G. Durand e dai suoi studi di Psicoantropologia culturale o strutturalismo dell’immaginario.”

Questi due succitati aspetti non sono antitetici fra di loro, ma contribuiscono entrambi a ricostruire l’identità di un territorio. Lei è d’accordo?

“Ripeto, bisogna approcciare la realtà in modo olistico, osservarla nei suoi vari aspetti e non escludendo nulla, neanche il più insignificante particolare. Un esempio ci si può occupare di stalle e di concime per giungere alla produzione di grano o della polvere da sparo. Come? conoscendo che la “grassura” degli animali serviva per concimare il terreno e che dal concime si ricavava il salnitro per confezionare la polvere da sparo.”

Lei nel 1971 ha collaborato alla nascita della Casa Museo dedicata ad A. Uccello, un’esperienza esaltante.

“Sì, certamente, ma la mia attività culturale non si è fermata con Uccello, anzi credo che, necessariamente, me ne sono allontanato per non rimanerne schiacciato. La vicenda Casa Museo è certamente il culmine del mio impegno politico culturale fino alla morte di Uccello. In seguito ho meditato sulla sorte del Museo, ritenendo che dovesse intraprendersi una strada nuova, innovativa: nacque la mia idea di Palazzo Museo, che non ha avuto nessun ascolto nelle istituzioni. Ma tant’è…”

Ci può ricordare le mostre etnografiche che ha organizzato nella Casa Museo?

“Solo alcune: I giocattoli della Casa Museo e Natale di cera nella Casa Museo di Palazzolo Acreide, col patrocinio della Soprintendenza di Siracusa e del Comune: oggi sarebbe impossibile farle.”

Secondo Lei come si può dare nuovo slancio economico a territori ove si registrano allarmanti indici di spopolamento?

“Coniugando studio, cultura e impegno politico. Solo cambiando la classe dirigente locale, regionale e nazionale si può invertire la rotta. Solo operando quella rivoluzione culturale necessaria in tempo di appassimento delle menti.”

Quali i suoi futuri progetti editoriali?

“Due progetti completamente diversi (apparentemente): il progetto Cassandra che vuole porre l’attenzione sulla figura di Cassandra Politi e sulla sua amara vicenda, raccontata anche da Luigi Capuana, e il progetto Taula Matri, condotto assieme agli amici di Buccheri Pippo Formica e Seby Scollo: si occuperà di promozione delle risorse enogastronomiche dell’area iblea.”

Open chat
Ciao,
chiedici la tua canzone