A ciascuno il suo “colore”

A ciascuno il suo “colore”

Penso che la mia domanda sia più che spontanea e sia la domanda che un po’ di tutti ci facciamo da un anno a questa parte o, per meglio definire il tempo, dalla fine della prima “ondata” pandemica (quando la paura fece novanta) e cioè il perché dell’utilizzo dei “colori” per distinguere i vari territori, quando lo Stato non è in grado di garantire il rispetto delle regole?

Mi sembra ormai fin troppo ovvio che ciascuno sceglie di fare quello che vuole e soprattutto quando vuole. Ovviamente con una maggioranza di persone che prese dal buon senso e soprattutto legate a quei valori etici comportamentali che non ci sono più, se ne sta zitta e buona a rispettare le regole.

Qui, cari miei, non ci sono regole che “tengano”, con l’aggravante che chi non le rispetta lo fa con sfrontatezza, con strafottenza, con superficialità (nel migliore dei casi). Intanto oltre alle penalizzazioni che questa pandemia ha portato con sé (alcuni settori economici, commerciali e dello spettacolo sul lastrico totale), continuano ad essere applicate due, tre, quattro pesi e quattro misure.

Se c’è una zona rossa ed uno Stato serio la vuole fare rispettare, purtroppo, deve adottare tutte le misure di prevenzione e  repressione che la stessa prevede. Se non ci si riesce è inutile indire zone rosse, gialle, arancioni, bianche, poiché ognuno farà a modo proprio, come sta avvenendo.

Basta prendere atto che gli appelli al senso civico (assente), alle famiglie (non pervenute) e le conseguenze sono presto date. Molti si chiedono (compreso io): cosa dobbiamo fare? Chi cerca, con educazione e rispetto delle regole, di suggerire l’uso dei dispositivi di protezione personale, rischia anche di essere malmenato. A questo punto mi pare ovvio che sarebbe opportuna una riflessione seria da parte di chi ci governa: non è che è stato tutto un fallimento questo approccio alla pandemia? Non è che bisogna ammettere, con serenità, che non ci sono regole se non si applicano? Non è che questa catastrofe ha fatto emergere il peggio che la nostra società ha prodotto in questi ultimi 20 anni? Non è che nessuno ci sta “capendo più niente” (per utilizzare la traduzione di un dialettismo ben conosciuto)?

Beh, d’altronde, con un inesistente piano pandemico (e le inchieste della procura avviate); con questo modo di gestire la sanità negli ultimi 20 anni; con i tagli di bilancio continui e costanti per via di un’asse Franco-Tedesco scatenato al fine di fare cassa (a spese dei più poveri) e con un Paese Italia immobile nel subire le vessazioni economiche dell’Europa, cosa ci si poteva aspettare se non questo?

Allora, come sostiene il mio amico Maurizio Pallante, che abbiamo incontrato ieri sera a “10 minuti insieme”, puntiamo sulla “decrescita felice” poiché questa sembra davvero essere “l’ultima chiamata”.

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