di Emanuela Ruma
Capaci: dalla montagna bastó premere un pulsantino, come nei giochi di guerra, per far saltare tutto in aria e scrivere la storia.Era il 23 maggio del 1992 quando nelle tre Fiat Croma blindate il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato e gli uomini della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, persero la vita per un attentato di stampo mafioso, compiuto sull’autostrada A29. Vi furono anche diversi feriti, tra i quali gli agenti di polizia Angelo Corbo, Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Giuseppe Costanza, autista giudiziario. Comuni cittadini, prima che arrivassero i soccorsi, corsero in loro aiuto nei primi momenti della strage e il tutto accese sdegno e rabbia nell’opinione pubblica. Sono passati ben 28 anni da quel maledetto giorno e anche se oggi non ci saranno cerimonie istituzionali a causa della pandemia, l’esempio e il valore di questi grandi uomini, è ancora più forte e cresce di anno in anno. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, commenta così questa giornata in un videomessaggio, ricordando anche il giudice Borsellino: ” i mafiosi, nel progettare l’assassinio dei due magistrati, non avevano previsto che l’insegnamento di Falcone e Borsellino, sarebbe sopravvissuto rafforzandosi oltre la loro morte, diffondendosi, trasmettendo aspirazione di libertà dal crimine, radicandosi nella coscienza e nell’affetto delle tante persone oneste”. Giovanni Falcone fu tra i primi a riconoscere “Cosa Nostra” come un’organizzazione unitaria e verticistica, parallela allo stato, in un periodo dove si negava a gran voce, l’esistenza della mafia, la stessa che poi firmò la sua morte dichiarandosi al mondo intero. Oggi, come ogni anno dalla loro morte, si stendono lenzuola bianche ai balconi per indicare che in quelle case si dice no alla mafia, si è contro il potere mafioso, si è contro la mentalità mafiosa, si vuole una Sicilia libera. Anche Lentini e Carlentini si sono attrezzate stendendole. Lentini ricorda con particolare orgoglio il giudice Falcone perché lo ebbe da giovane come Vice Pretore Uditore. Aveva Infatti 26 anni quando tra il 1965 e il 1967 si occupava, nella città , di atti sia di civile che di penale. Per ricordare il suo prezioso passaggio a Lentini, nel 2013, l’avvocato Failla insieme ad altri cittadini gli dedicarono un’aula all’interno del liceo classico Gorgia. Nella stanza possiamo tutt’oggi ammirare la scrivania dove scrisse i suoi primi atti. Questo importante mobile fu salvato dalla rottamazione. Una stanza-museo che emoziona e dona energie particolari a chiunque ne varchi la soglia. Ci sono sentenze che portano la sua firma e che possiamo leggere con particolare senso civile, che ci portano ad immaginare un Giovanni ancora ignaro di ciò che avrebbe realizzato nel suo futuro e delle gesta che avrebbe compiuto. Oggi l’Italia e il mondo intero piangono i loro eroi in una pandemia dove la mafia è anch’essa virus e tenta di arricchirsi, come sempre, sul dolore della gente, approfittando della malattia, della fame, volendo arrivare dove lo stato non riesce, reclutando manovalanza con una busta di spesa, patteggiando 41 bis per il Covid e millantando rischio per la loro salute, in celle dove forse nemmeno il virus vorrebbe entrare e sputando quindi sulla memoria di chi ha perso la vita per servire lo Stato. I cuori forse, portano un dolore in più oggi, ma portano anche la speranza che altri giudici stanno lottando proprio come i loro grandi predecessori, credendo fermamente, come diceva lo stesso Falcone, che: ” La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine”.